In alcune coppie, la violenza comincia con degli schiaffi, in altre coppie si sviluppa sul piano psicologico. Ma nella maggioranza dei casi, le diverse forme di violenza coesistono e si rinforzano nel corso del tempo in un'escalation sempre più pericolosa.
Spesso le persone coinvolte non riescono a riconoscere e ad esprimere quello che sta succedendo. Per saperne di più sulle diverse forme di violenza:
La violenza colpisce tutte le classi sociali, tutte le origini culturali e tutti i tipi di coppie (coppie etero, coppie di donne, coppie di uomini o altre coppie LGBTQIA+).
Ogni situazione di coppia è unica, ma il più delle volte la violenza si sviluppa assumendo la forma di un ciclo in 4 fasi, un vero circolo vizioso devastante, che può essere riconosciuto rapidamente a condizione di conoscerlo. È difficile rompere questo ciclo distruttivo senza sostegno esterno. Rompere il silenzio e l'isolamento, parlare della propria situazione è una tappa importante per riuscirci.
Una delle persone partner della coppia fa forse fatica ad esprimere i propri sentimenti e le opinioni discordanti. Le frustrazioni e i malcontenti si accumulano. Oppure una persona vuole controllare tutto da sola all'interno della famiglia e rifiuta ogni negoziazione. Ogni deviazione dalla sua volontà è fonte di insoddisfazione e di aggressività. In entrambi i casi la tensione aumenta. La persona partner può già individuare dei segni di violenza ma spera generalmente che sia solo una situazione passeggera e che si calmerà presto.
Fare una domandaLa persona violenta finisce per esplodere, per scaricare la sua ira o per regolare i conflitti a suo vantaggio. Se la violenza era ancora controllata durante la prima fase, ora è fuori controllo: urla, insulti, minacce, intimidazioni, schiaffi, pugni, … La vittima si sente intrappolata, terrificata, impotente. Molto spesso la sola soluzione affinché ciò finisca è di conformarsi alle esigenze della persona violenta.
Fare una domandaLa persona violenta, successivamente, minimizza i suoi atti e le loro conseguenze ed evoca delle cause esterne (stress, fatica, disoccupazione, …) per giustificare la sua esplosione. Giustifica il suo comportamento accusando l'altra persona di aver provocato la reazione violenta. La persona vittima viene spinta a dubitare di sé, delle proprie percezioni e a colpevolizzarsi. Finisce per pensare che sia colpa sua, e che spetti a lei cambiare affinché la violenza abbia fine.
Fare una domandaPassato il momento di crisi, la persona che agisce violenza si scusa e promette di non ricominciare mai più. Per la paura di perdere la persona partner, fa di tutto per farsi perdonare. La vittima riprende speranze. Vuole credere a queste promesse di cambiamento e dimenticare le sofferenze. Le scuse accompagnate da prove di gentilezza vengono accettate. È come una nuova luna di miele che incoraggia la coppia a proseguire la relazione.
Fare una domandaLa spirale della violenza ricomincia, con delle fasi sempre più ravvicinate e delle aggressioni sempre più gravi. Se non si fa nulla, la violenza può portare a ferite pericolose per la vita e danni irreversibili. Anche il rischio di omicidio, o femmincidio, non può più essere ignorato.
Fare una domandaLa violenza getta le vittime nella paura, nel senso di colpa, nella vergogna, nell’isolamento. Queste reazioni sono normali, è la situazione vissuta che non lo è! Ne derivano disturbi di salute importanti: stress, ansia, depressione, insonnia, mal di testa, fatica cronica, ecc. La violenza distrugge il benessere e degrada la salute. Tutti gli aspetti della vita ne sono colpiti: famiglia, lavoro, vita sociale.
La vittima vive in uno stato di allarme, sotto la minaccia permanente di un'aggressione, che può avvenire in qualunque momento e per qualunque ragione. Cerca costantemente di intuire le intenzioni della persona partner violenta, per smorzare le tensioni. Non osa più esprimere liberamente i suoi desideri o le sue opinioni per paura di subire altre aggressioni. Si adatta ai suoi umori, evita tutto quanto potrebbe provocare pericolo.
Spesso la vittima si sente in colpa per la violenza che subisce. Crede che sia colpa sua. Crede sia quello che ha fatto o che ha detto, oppure una parte di sé che non va, ad aver provocato la violenza della persona partner. Chi subisce violenza pensa spesso che modificando il proprio comportamento la violenza sparirà. Si rimette costantemente in discussione, cambia, ma non serve a nulla. La persona che agisce violenza continua ad aggredirla.
A forza di subire maltrattamenti, la vittima arriva a perdere il senso del suo valore. Si sente sempre più nulla, sbagliata e si vergogna. La violenza appare allora come normale, o persino come giustificata. Come se non meritasse nulla di meglio. La sua soglia di sopportazione aumenta fino al punto da non percepire più che quanto sta vivendo è inaccettabile. Le violenze ripetute distruggono la stima di sé e la fiducia nelle proprie capacità legate alla vita di coppia, alla famiglia o alla professione. Si aggiunge la vergogna e l’umiliazione di “lasciarsi maltrattare”, di essere una persona “che non si sa difendere”.
Sotto la pressione della persona partner o per nascondere la propria situazione, la vittima si allontana a poco a poco dalla sua famiglia, dalla sua cerchia di amicizie. Sfugge ai rapporti sociali, evita di uscire. La perdita di riferimenti esterni favorisce la dominazione attuata dalla persona partner. I dubbi e la confusione aumentano. Non sa più se ciò che vive è accettabile. Si sente in trappola nella relazione, senza alcuna possibilità di far evolvere la propria situazione. Chi subisce violenza crede che ogni tentativo di uscirne potrà solo fallire. Ha la sensazione che nessun’altra persona possa capire cosa sta vivendo e che neppure se ne interessi. Una vittima in queste circostanze si sente sola e disperata.
Spesso la vittima si colpevolizza perché non riesce a lasciare la persona partner oppure perché torna dopo essere partita. Molti fattori possono ostacolare la vittima: la volontà di non affrontare una separazione se si è genitori di minori che potrebbero subirne le conseguenze, senso di colpa nel lasciare la persona partner, pressioni dell’entourage, paura delle ritorsioni, paura di perdere il legame genitoriale, la mancanza di soldi, i timori di non trovare lavoro o alloggio, ecc. Anche dei sentimenti ambivalenti verso la persona partner possono contribuire a trattenere la vittima, perché per esempio, a momenti, la persona violenta si mostra gentile, giura di amarla, promette di non ricominciare mai più. E queste promesse possono far presa su chi subisce violenza, che ancora può volerci credere e provare dei sentimenti
Uscire dalla violenza richiede tempo. Ogni persona ha il diritto di seguire il suo ritmo, il suo cammino personale. Ogni separazione, anche temporanea, è utile. Permette di vedere meglio il meccanismo distruttivo in cui la persona è intrappolata e di sperimentare la propria capacità di vivere sola o di organizzarsi con le responsabilità genitoriali se ci sono minori in famiglia.
Impegnate a sopravvivere in un ambiente ostile, le vittime di violenza si esauriscono, si vuotano della loro energia vitale. Soffrono spesso di ansia, di depressione, di stress, di insonnia o di altri disturbi di salute. Per esempio nausee, stordimento, dolori al petto, mal di stomaco, mal di schiena, mal di testa, incubi, perdita di appetito, disturbi della concentrazione, dipendenza da alcol o da medicamenti, pensieri suicidari, ecc. Questi danni alla salute possono alterare anche la qualità del proprio lavoro e provocare assenze, con il rischio di perdere contratti o opportunità di lavoro.
La violenza fisica lascia spesso dei segni che sono anche degli indizi: ematomi, segni di strangolamento, bruciature di sigarette, … Costole, clavicola o mascella rotte sono frequenti. Le aggressioni possono portare a ferite pericolose per la vita, a lesioni irreversibili. Timpani, reni, addome o polmoni sono spesso colpiti. La violenza fisica si manifesta in molti casi anche durante la gravidanza e rischia di provocare un aborto spontaneo o danni al feto.
Parallelamente alla paura e alla vergogna, le vittime di violenza provano collera, rivolta. Alcune trattengono i loro sentimenti e ingoiano la rabbia perché non si autorizzano ad esprimerla o perché hanno paura di scatenare una violenza ancora maggiore nella persona partner. Altre persone invece reagiscono con aggressività. Gridano, insultano, colpiscono la persona partner in risposta alle violenze subite. In alcune coppie capita anche che la violenza diventi una modalità corrente per regolare i conflitti. In questo caso entrambe le persone partner possono chiedere aiuto: sia in quanto vittima sia in quanto persona che agisce violenza.
La violenza comporta conseguenze per tutte le persone della famiglia, anche per chi agisce la violenza. Ogni atto di violenza le allontana un po’ più da sé e dalle persone vicine. I rischi sono importanti sia sul piano giudiziario che finanziario.
La persona che ha comportamenti violenti può provare un reale e doloroso senso di colpa. Non riuscendo a uscire dalla spirale della violenza, la sua stima di sé ne è colpita.
Quando la relazione tra partner è colpita dalla violenza, la relazione di coppia è gravemente in pericolo. Anche se la vittima può ancora amare la persona violenta, ne ha paura e non si sente più rispettata. I rischi di separazione sono importanti.
Anche le persone giovani, figlie e figli, sono coinvolte dalla violenza tra genitori. Hanno paura della figura genitoriale violenta e rischiano di volerla evitare. Spesso provano anche una grande rabbia nei suoi confronti.
Anche se le persone della cerchia di contatti stretti non assistono direttamente alle scene di violenza, spesso percepiscono la gravità della situazione. Sono a disagio e non sanno come reagire, perciò tendono a rinunciare ai contatti con la persona violenta.
Interventi di polizia, arresti, citazioni in tribunale, incarcerazione, prigione, casellario giudiziario … La violenza nella coppia è una questione seria con delle sanzioni e delle pene altrettanto gravi.
In caso di separazione e di pericolo, la persona violenta può essere privata del diritto di custodia e vedere ristretti i suoi diritti di visita, anche se non ha mai avuto comportamenti aggressivi rivolti direttamente contro figlie e figli. Agendo violenza verso la persona partner, la figura genitoriale violenta corre il rischio di farsi allontanare da figlie e figli minorenni.
Intrappolata nella spirale della violenza, la persona che agisce violenza può far fatica a concentrarsi sul proprio lavoro, diventare poco efficace e irritabile, e correre il rischio di perdere il posto o il ruolo professionale. In caso di separazione o divorzio corre anche il rischio di incorrere in conseguenze finanziarie.
Il fatto di sentire grida, di vedere il malessere dei genitori o di assistere direttamente a scene di violenza colpisce ogni minorenne che vive con la coppia. Vivono in un clima di paura e di insicurezza. Anche se non lo esprimono esplicitamente, sono più fragili e subiscono traumi per quello che vivono i loro genitori, e hanno bisogno di protezione.
Soprattutto bambine e bambini ancora molto giovani, che sono spesso nelle braccia dei genitori, rischiano di ricevere colpi in caso di violenza fisica.
Ogni minore, figlie e figli, che vive in un contesto di violenza di coppia ne subisce le conseguenze. Queste esplosioni di violenza imprevedibili e inspiegabili colpiscono anche loro. Il peso di questo “segreto di famiglia” si esprime con la tristezza, il malessere emotivo, l’ansia, o un sentimento di insicurezza.
Figlie e figli tendono a sentirsi responsabili. La violenza fa sentire colpevoli e responsabili di migliorare la situazione. Pertanto spesso cercano di:
- Curare: per esempio consolando la madre depressa o sollevandola da alcuni lavori
- Salvare: intervenire durante le crisi per proteggere la figura genitoriale che subisce violenza
- Sacrificarsi: per esempio fare delle stupidaggini, commettere anche un atto di delinquenza per distrarre, per attirare l’attenzione dei genitori e cercare di riavvicinare la coppia.
Bambine, bambini e adolescenti possono reagire in modo diverso secondo l’età, la frequenza e la gravità degli atti di violenza. Si può notare in particolare:
- enuresi (pipì a letto)
- disturbi del sonno (incubi, risvegli di soprassalto, angoscia al momento di alzarsi…)
- disturbi del comportamento alimentare
- mal di testa e mal di pancia
- nervosismo, anche violenza verso di sé o verso altre bambine e bambini
- una chiusura su di sé
- difficoltà a stabilire contatti con giovani e minori della stessa età o difficoltà nell’apprendimento
A causa dei traumi e dello stress che vive continuamente, la coppia coinvolta dalla violenza può non avere disponibilità e risorse per rispondere ai bisogni di figlie e figli. I genitori sentono a volte una forte irritabilità che li porta a degli eccessi di collera e di aggressività, anche se ciò non vuole dire che non siano più capaci di voler bene alle figlie e ai figli o di prendersene cura. È la violenza vissuta nella coppia che porta a questa situazione.
Vivendo in una famiglia dominata dalle aggressioni, giovani e minori rischiano di sviluppare un alto livello di tolleranza alla violenza. La situazione può portare a credere che la violenza sia un comportamento accettabile, un modo di regolare i conflitti.
Di fronte alle aggressioni che dominano a casa, ogni minorenne ha bisogno di sostegno e protezione. Spetta ai genitori agire per il benessere e la sicurezza delle figlie e dei figli.
Il Codice civile svizzero dà ai genitori in pericolo il diritto di lasciare il domicilio e di separare figlie e figli dall’altra figura genitoriale (art. 274).
È importante rompere il silenzio. Parlare della situazione con giovani e minori, spiegare che la violenza non è una loro responsabilità. Può essere opportuno anche proporre attività esterne, affinché minori e adolescenti abbiano momenti di recupero, al riparo dalle tensioni. È sempre meglio spiegare apertamente anche come agire in caso di violenza: rifugiarsi da persone di fiducia del vicinato, chiedere loro di chiamare aiuto.
La violenza nelle relazioni di coppia è vietata dalla legge. La maggior parte degli atti di violenza all’interno delle relazioni di coppia è sanzionata dal diritto penale. La legge protegge l’integrità fisica, psichica e sessuale di ogni persona.
Informazione speciale: a partire dal 1 luglio 2024, la legge svizzera sulla violenza sessuale cambierà. Per maggiori informazioni: qui.
Il Codice penale svizzero vieta gli atti di violenza, anche quelli commessi all’interno delle coppie (sposate, in partenariato, o senza unione formale, e di qualunque orientamento sessuale), e definisce diversi tipi di infrazioni e le sanzioni a cui vanno incontro le persone che commettono violenza.
Nel 2004, il Codice penale svizzero (CP) è stato modificato per rinforzare la lotta contro la violenza nelle coppie. Gli atti di violenza commessi da persone sposate, in unione domestica registrata o concubinato sono allora stati classificati come perseguibili d’ufficio a condizione che siano stati commessi da:
- l’altra persona partner durante il matrimonio o nell’anno che segue al divorzio, sia che le persone condividessero il domicilio o no;
- l’altra persona partner, durante l’unione domestica registrata o durante l’anno che segue al suo scioglimento formale, sia che le persone condividessero il domicilio o no;
- l'altra persona partner in una relazione omo o eterosessuale in cui c’è condivisione del domicilio, durante la vita in comune o durante l’anno che segue alla separazione.
Il perseguimento d’ufficio porta all’apertura di una procedura penale a partire dal momento in cui le autorità (polizia o ministero pubblico) vengono a conoscenza di queste infrazioni, anche se la vittima non sporge denuncia. Ogni persona può segnalare una situazione di violenza alla polizia o al ministero pubblico: la vittima stessa, una persona di fiducia, una persona del vicinato, una figura professionale (purché la vittima l’abbia svincolata dal segreto professionale, laddove necessario).
Atti perseguiti d’ufficio:
- costringere la persona partner con la violenza o la minaccia, per esempio vietarle di uscire da sola, di vedere parenti o conoscenti, o di telefonare
- rapire o sequestrare la persona partner, per esempio rinchiuderla al domicilio o in una stanza
- esprimere minacce gravi, come le minacce di morte, di picchiarla, o di rapire figlie e figli
- commettere violenze fisiche ripetute che non lasciano tracce visibili, come gli schiaffi, o tirare i capelli
- commettere violenze fisiche che lasciano tracce visibili, come le bruciature, gli ematomi, naso o costole rotte, altre fratture (anche un solo episodio è sufficiente)
- commettere violenze fisiche gravi che provocano ferite pericolose per la vita o lesioni irreversibili, in particolare un’incapacità lavorativa, un’invalidità, una malattia mentale permanente, sfigurare in modo grave (anche un solo episodio è sufficiente)
- non soccorrere la persona dopo averla ferita o messa in pericolo o impedire ad altre persone di portare aiuto
- mettere in pericolo la vita della persona partner, per esempio puntando un’arma carica verso di lei, o abbandonandola in un luogo isolato
- commettere un omicidio o un tentato omicidio (per esempio strangolare)
- imporre la pornografia
- costringere la persona partner a un atto sessuale o tentare di costringere a un atto sessuale
- commettere uno stupro o un tentato stupro
- forzare alla prostituzione
Questi atti possono essere perseguiti in un margine di tempo che va da 5 a 30 anni secondo la loro gravità. Tuttavia il passare del tempo rende più difficile raccogliere le prove necessarie.
- ingiurie e insulti
- violenze fisiche isolate che non lasciano tracce visibili, come gli schiaffi o tirare i capelli
- impiego abusivo di mezzi di comunicazione per incutere timore o importunare
- diffamazione
- calunnia
- danni alla proprietà, per esempio pneumatici bucati, vetri rotti, porte sfondate
- violazione di domicilio
- violazione dell’obbligo di mantenimento
La vittima ha tre mesi di tempo dai fatti per sporgere denuncia.
In caso di crisi, la polizia può, nell’ambito di un suo intervento, allontanare immediatamente la persona violenta dal domicilio comune.
Le origini della violenza di coppia si radicano al contempo nell’individuo, nella famiglia, nella comunità e nella società. È l’insieme di diversi fattori di rischio che spiega la violenza e non una causa unica e invariabile.
- Costruzione fragile dell’identità e ferite narcisistiche
- Precedenti di violenza, in quanto vittima o testimone
- Disturbi psicologici o della personalità
- Volontà di dominazione
- Abuso di alcol, di medicamenti e/o tossicodipendenze (non esiste una relazione causale tra alcol e violenza, ma può facilitare l’espressione di una violenza già presente)
- Passato familiare condizionato dalla violenza
- Disparità di potere all’interno della coppia
- Dipendenza affettiva che può portare alla volontà di possesso
- Debole capacità di comunicazione e rifiuto della negoziazione
- Abitudini, usanze e tradizioni che legittimano il ricorso alla violenza
- Isolamento o debole inserimento sociale
- Povertà ed esclusione
- Rapporti di forza storicamente ineguali e disparità di genere, che restano sfavorevoli alle donne e ai gruppi discriminati in base al genere
- Sfruttamento economico, sociale e sessuale delle donne
- Attitudine di principio sul rispetto della sfera privata e negligenza dello Stato di fronte alla problematica della violenza di coppia
- Uso della forza per risolvere i conflitti nella società
- Frequenza e banalizzazione della violenza nei media
- Eredità dei sistemi educativi repressivi, autoritari e/o sessisti